Spot e #foodporn

Un "errore" tecnico, uno etico e uno comunicativo di uno spot locale

Postato da Andrea Moi il 22 settembre 2020

Spot e #foodporn


Per me è un NO.
La pubblicità dell'Old Square con Martina Smeraldi avrà una risonanza tale da (probabilmente) rientrare nelle spese. Quindi qualcuno potrebbe dire (a ragione) che l'investimento è stata una buona operazione di marketing.
L'immagine dell'old Square non saprei se risulterà migliore o peggiore, mi auguro (per loro) che questa connotazione sia stata valutata al momento dello studio di fattibilità.
Mi limito a notare un "errore" tecnico, uno etico e uno comunicativo rispetto alla scrittura di questo spot.
1. È uno scivolone che le grandi compagnie non fanno: associare il sesso alla roba da mangiare. Molto rischioso e raramente ben riuscito, specie se l'allusione è forte. L'associazione non funziona in particolar modo per la "sottile connessione" e allusione sessuale del formaggio che cola (ma anche del bacio al panino, che è impresentabile, nella sua forma). Credo che nessuno abbia piacere a pensare di mangiare un panino che associ il formaggio al porn. E per quanto l'hashtag #foodporn sia ormai sdoganato sposta l'attenzione verso il gusto (alto, il palato), mentre in questo caso l'allusione è verso il sesso (basso). Questo contrasto che alcuni potrebbero trovare pure piacevole smonta la chiave classica di lettura. E il lavoro del marketing, pare artistico, ma è molto più vicino alla matematica. Certe chiavi funzionano, altre no, altre non sono proprio chiavi.
2. Gli studi sull'oggettivazione sessuale sono tali e tanti da non potere essere ignorati. Io non ho niente in contrario sulla professione che una persona sceglie per sé. Ma il vero cambio di paradigma si sarebbe avuto se la protagonista, nota pornostar, NON avesse avuto un atteggiamento porn. Mentre invece, molto banalmente, fa una ulteriore allusione sessuale. Beh. la figura della donna è, in questo senso, bistrattata. Continuiamo a perpetrare la simmetria: donna da mostrare vs uomo muscoloso (sempre belli) in alternativa alle persone intellettuali.
Il risultato si vede poi nella cultura del linguaggio. E nella tendenza ad oggettivare tutti e tutte: minori e adulti, mezzo social. Non arrivare mai alla bellezza, e rincorrere sempre un modello che non ci fa e non ci farà mai felici. Non vado oltre perché il discorso è lungo.
Ma riassumo così: non dico che una donna, che ha trovato in questa professione una sua professione, non possa presentarla nel modo che ritiene opportuno. Questa è arbitrarietà e libertà. Ma chi pensa le pubblicità ha una responsabilità importante. Quella di veicolare modelli culturali. E questo modello culturale, associato al mangiare, nel 2020 no.
3. Il titolare su TG Net dice "penso che non faccia male a nessunO". Eh no. Questo a livello comunicativo non va bene. Chi è che decide se qualcosa fa male a qualcunO? Un uomo, un titolare, il responsabile del marketing OPPURE tutte le persone che in queste ore stanno mostrando il proprio sdegno?
Forse nessuna delle menzioni sopracitate. Il male è culturale, come detto al punto 2. E certe persone, nel 2020, ancora non l'hanno capito. E fanno passare per goliardate o abili associazioni mentali (food ▶️ foodporn) ciò che è ignoranza in un certo argomento. Per me è proprio un no.

#food #foodporn #spot #martinasmeraldi #oldsquare #cagliari #psicologia #psicologiasociale #pubblicità

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Andrea Moi​
Dott. Andrea Moi - Consulenza e supporto psicologico​



Sitografia e fonti:

Quando le persone diventano cose, Il Mulino (Pacilli, 2014)

Questioni di genere, Laterza (Butler, 2017)


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